GIANFRANCO PORCELLI

OBIETTIVI COMPORTAMENTISTICI NELLO STUDIO DELLE LINGUE

[da "Lingua e Civiltà" a. V, n. 2, maggio 1972, pp. 15-19.]

Quanto più si approfondisce lo studio dei processi matetici e della didattica, tanto più si evidenzia la necessità di stabilire in modo organico, oggettivo e funzionale gli obiettivi specifici di qualunque insegnamento. Il discorso vale, in linea generale, per ogni disciplina, ma riteniamo che sia di particolare attualità nel campo della didattica delle lingue-civiltà straniere. L'introduzione di strumenti altamente sofisticati, quali i laboratori linguistici e la TV a circuito chiuso, contribuisce a sensibilizzare gli insegnanti sull'esigenza di definire gli scopi e gli obiettivi a cui gli strumenti sono destinati. Osserva infatti Robert F. Mager, nella prefazione al suo studio sugli obiettivi: "Se non si è sicuri di sapere dove si sta andando, si rischia di finire altrove, e senza nemmeno accorgersene" ().

Alla base sta quindi una grave carenza di informazioni, in due direzioni principali: dall' insegnante verso i propri allievi, e dal legislatore verso l'insegnante. L'ignoranza dei modi in cui verrà controllato l'apprendimento e sarà effettuata la valutazione, fa sì che gli allievi dedichino parte del loro tempo alla "psicanalisi" dell'insegnante, nel tentativo di intuirne i "pallini" e le idiosincrasie; l'esperienza insegna loro che tali conoscenze sono spesso assai utili. Del resto, se è vero che un corso di studi non può e non deve essere finalizzato al mero superamento delle prove di esame, è però altrettanto vero che i risultati finali vengono assunti come elemento di giudizio sull'esito del corso, nonché come prova del successo o dell'insuccesso dei singoli discenti. E in realtà, ciò che noi possiamo valutare non è ciò che il discente ha interiorizzato attraverso l'apprendimento, bensì ciò che egli manifesta in forme osservabili e riconoscibili da parte dell'esaminatore. E' pertanto evidente che un corso di studi risulta necessariamente condizionato, in maggiore o in minor misura, dal tipo di prove che serviranno a valutare gli allievi/e in questo senso il discorso sugli obiettivi è strettamente collegato a quello sul testing.

In quanto alle carenze legislative, premesso che per "legislatore" possiamo intendere, in senso lato, chiunque abbia l'obbligo o la necessità di formulare piani di studio, osserviamo come i programmi ministeriali non fissino degli obiettivi, ma elenchino essenzialmente i contenuti dei corsi, demandando alla prassi vigente e alla sensibilità dei singoli insegnanti e presidi ogni criterio valutativo, sia sull'insegnamento, in termini quantitativi e qualitativi, sia sull'apprendimento da parte degli allievi. Le conseguenze sono ben note: il disagio avvertito da molti insegnanti nella fase di valutazione; l'obiettiva disparità nei giudizi e, prima ancora, nei modi di addestramento; la labilità dei criteri di "sufficienza", "idoneità", "maturità", ecc. Non si intende mettere qui, in discussione il principio costituzionale della libertà di insegnamento; si vuole soltanto rilevare come la disinformazione sugli obiettivi faccia sì che, in concreto, ognuno si ponga e raggiunga mete diverse, più o meno riconducibili ad un certo orientamento generale.

Muovendo da considerazioni di questo tipo, in varie università americane sì è tentato, negli ultimi 15 anni, di dare una risposta efficace e organica al problema della comunicazione delle mete educative. Frutto di queste ricerche è un'ampia serie di studi sugli "obiettivi comportamentistici" (Behavioral Objectives), di cui qui riferiremo in forma sintetica, collegandoci alla didattica delle lingue.

Il comportamentismo

Gli studi sugli obiettivi comportamentistici si riallacciano alla teoria di B. F. Skinner () e, in genere, ai principi della psicologia behaviorista. Un'analisi del behaviorismo esula dagli scopi di questo contributo, né potrebbe esaurirsi in poche parole, e perciò richiamiamo solo i principi fondamentali. Per i behavioristi, ogni apprendimento è il risultato di un processo di tipo deterministico in cui il soggetto impara reagendo agli stimoli cui è sottoposto. Se una reazione (o "risposta") ottiene l'effetto voluto, essa viene "rinforzata" e quindi appresa; le altre risposte, essendo inefficaci o controproducenti, si autoeliminano. Così un bimbo impara a parlare attraverso continui rinforzi di quelle sillabe che lo mettono in comunicazione con gli altri, mentre i suoni senza significato, che non producono effetti, vengono man mano abbandonati.

Il modello skinneriano è la matrice psicologica degli studi sulle tecniche di istruzione programmata, che hanno originato i testi programmati e le "teaching machines" (). Esso si contrappone alle teorie innatiste nel considerare l'apprendimento non come manifestazione esteriore di elementi già esistenti nella personalità, ma unicamente come comportamento palese, oggettivamente rilevabile da un osservatore esterno.

Da questo concetto di comportamento discende, per linea diretta, la definizione di "obiettivo comportamentistico" (OC). Per OC si intende la descrizione chiara, dettagliata e inequivocabile del comportamento palese finale di un alunno al termine di un periodo di istruzione (lezione, trimestre, anno, corso, ecc.), con l'indicazione del modo in cui verrà accertato l'apprendimento e del criterio adottato per stabilire se l'apprendimento debba giudicarsi sufficiente o no.

Ora esamineremo una serie di formulazioni di obiettivi, sia per verificarle sulla base dei criteri sopra enunciati, sia, contemporaneamente, per puntualizzare i singoli aspetti della definizione.

Descrizioni e obiettivi

a) "L'insegnante... [darà] un quadro sommano, ma caratteristico, della civiltà di cui viene insegnata la lingua" ().

Non è un obiettivo ma la descrizione (in termini assai generici) del contenuto di un corso. Manca qualsiasi informazione su ciò che lo studente, in concreto, sarà capace di fare al termine del corso; la formulazione parte esplicitamente dal punto di vista dell'insegnante mentre, affinché si possa parlare di OC è essenziale che venga espresso il comportamento dell'alunno.

b) "L'alunno leggerà X brani in lingua straniera sugli aspetti più caratteristici del paese di cui studia la lingua".

Pur essendo una descrizione dell'attività che l'allievo (e non l'insegnante) dovrà svolgere, essa non dice nulla sul comportamento finale che il discente dovrà presentare.

c) "Al termine dell'anno, l'allievo conoscerà X aspetti importanti della civiltà di cui studia la lingua, e ne comprenderà il significato".

Questa descrizione del comportamento finale non è né chiara né inequivocabile, e soprattutto non dà informazioni sul modo in cui la conoscenza e la comprensione verranno accertate. Un OC non deve contenere termini vaghi e ambigui come "capire, conoscere, apprezzare, sapere, afferrare il valore" o simili, ma solo termini precisi e restrittivi quali "scrivere, distinguere, identificare, confrontare, elencare, riassumere, recitare, pronunciare, leggere, ecc.".

d) "Al termine dell'anno, l'allievo saprà elencare gli aspetti di civiltà che gli saranno stati presentati e scrivere un paragrafo in cui descrive ciascuno di essi". Ecco un vero e proprio OC, cui tuttavia manca, per essere completo, l'indicazione esplicita del criterio di valutazione della sufficienza.

e) "L'allievo elencherà tutti gli aspetti della civiltà studiati e scriverà per ognuno di essi un paragrafo di almeno x parole. L'allievo non dovrà introdurre informazioni errate, né commettere complessivamente più di y errori di ortografia e z errori relativi alla morfosintassi. Tempo della prova: n minuti". Appare evidente come sia possibile formulare obiettivi sempre più dettagliati, eliminando ogni margine di incertezza ma creando una notevole macchinosità ed una dispersione delle mete generali, frammentate in obiettivi minimi parziali. Sussiste quindi il pericolo di perdere una visione unitaria degli scopi del nostro insegnamento, e di dedicare una quantità eccessiva di tempo e di energie all'elaborazione degli obiettivi, distogliendola da attività più produttive. In merito a quest'ultima osservazione, diremo solo che è prevedibile che, con la diffusione di una mentalità comportamentistica, ognuno di noi troverà facile e spontaneo redigere i propri programmi in termini di OC, anziché nei modi tradizionali; inoltre è possibile stabilire una volta per tutte delle norme generali; ad esempio, sull'esecuzione dei dettati o sull'uso dei dizionari, in modo che non sarà necessario che tali dettagli vengano specificati in ogni obiettivo, riducendo così la formulazione agli elementi essenziali e caratterizzanti.

Classificazione degli obiettivi

In merito al problema della frammentazione delle mete, occorre approfondire ulteriormente la natura degli obiettivi e conoscerne l'articolazione in campi e livelli. E' stato osservato () che gli obiettivi relativi all'apprendimento si collocano o nell'ambito conoscitivo, o in quello affettivo, o in quello psicomotorio. I tre aspetti coesistono sempre in ogni comportamento, ma uno di essi in genere prevale sugli altri e li domina. Così l'esecuzione di esercizi strutturali è un'attività di tipo prevalentemente conoscitivo;

| l'accostamento ad un brano di civiltà (momento motivante dell'unità didattica) coinvolge soprattutto l'aspetto affettivo, mentre la correzione fonetica si rivolge essenzialmente alla sfera psicomotoria. Gli obiettivi possono quindi essere definiti non solo in termini comportamentistici, ma anche in relazione all'ambito in cui possiamo situarli. Le figure di pag. 18 ci danno una rappresentazione grafica dei tre diversi tipi di obiettivi.

Fig. 1 - Esempio di obiettivo prevalentemente conoscitivo.
"Data una lista di verbi irregolari, al passato, l'alunno scriverà la forma dell'infinito".

Fig. 2 - Esempio di obiettivo prevalentemente affettivo.

"Gli studenti riferiranno spontaneamente in classe i fatti di cronaca del paese di cui studiano la lingua, dei quali siano venuti a conoscenza fuori di scuola".

Fig. 3 - Esempio di obiettivo prevalentemente psicomotorio.
"Ciascun allievo ripeterà correttamente dopo l'insegnante parole contenenti il suono /y/".

Inoltre, ciascuno dei tre campi è articolato in livelli gerarchici di comportamento, dai più semplici ed elementari ai più complessi. Nell'ambito conoscitivo si riconoscono sei livelli:

1) Conoscenza (rievocazione di materiale appropriato ) ;

2) Comprensione (organizzazione orientata verso un fine);

3) Applicazione (uso concreto di astrazioni);

4) Analisi (espressione del rapporto tra le idee);

5) Sintesi (combinazione di idee per formarne altre, nuove e diverse);

6) Valutazione (formulazione di giudizi quantitativi e qualitativi).

La sfera affettiva è strutturata su cinque livelli:

1) Ricezione (percezione dello stimolo);

2) Risposta (reazione allo stimolo);

3) Apprezzamento (attribuzione di valore allo stimolo);

4) Organizzazione (formazione di un sistema di valori);

5) Ideali (filosofia totale).

Nel campo psicomotorio si evidenziano cinque livelli:

1) Percezione sensoriale;

2) Prontezza all'azione;

3) Risposta guidata (comportamento indotto e diretto);

4) Meccanicità (abitudine);

5) Risposta complessa (serie di abilità motorie coordinate).

La classificazione qui riportata non può certo ritenersi esauriente, sia perché il significato di ciascun termine dovrebbe venire meglio definito e qualificato, sia perché occorrerebbe esaminare le gerarchie livello per livello ed analizzarle criticamente. A noi tuttavia basterà qui aver fornito un'illustrazione sommaria della strutturazione gerarchica degli obiettivi, rimandando il lettore interessato ad ulteriori approfondimenti alle opere di B.S. Bloom, L.D. & A. Crow, R. B. Bugelski, e E.J. Simpson ().

Il richiamo alla gerarchia degli obiettivi serve anche a correggere un'eventuale impressione di limitatezza e meccanicità derivante dalla definizione di OC e dalle esemplificazioni date. In una prima fase, infatti, occorre definire i singoli obiettivi, in termini concreti e comportamentistici, ma nella fase immediatamente successiva ogni singola attività deve essere ricondotta nel quadro generale delle mete educative e diretta allo sviluppo armonico di tutte le facoltà del discente. A quest'opera, nella scuola, concorrono le varie discipline, ognuna per gli aspetti che le sono propri. E' però interessante notare come, nello studio delle lingue-civiltà straniere, gli obiettivi possano spaziare dal livello più basso al più alto in ciascuno dei tre settori fondamentali. Nel campo conoscitivo, ad esempio, dalla conoscenza passiva di lessico e strutture si giunge per gradi alla valutazione" delle implicazioni più profonde dello studio delle lingue, quali il concetto di "Lingue per costruire la pace" (). Per quanto riguarda l'affettività, dal livello minimo (in cui il discente percepisce il problema posto dall'esistenza di diversi codici di comunicazione) si risale fino agli ideali di comprensione interculturale universale. Infine, nella sfera psicomotoria, le attività dell'allievo vanno dalla percezione e discriminazione di suoni a comportamenti estremamente complessi, come la drammatizzazione, che interessano contemporaneamente l'espressione vocale e quella gestuale. Ancora una volta, quindi, l'analisi della nostra materia rivela come essa sia uno strumento privilegiato di formazione dell'uomo.

I nostri obiettivi

E' difficile prevedere quali sviluppi avrà la tematica degli OC e quale seguito essa potrà avere in Italia. E' certo però che si tratta di un tentativo molto interessante di dare una risposta al problema della carenza o della labilità delle informazioni nel campo dell'istruzione; il problema, da noi, non è avvertito altrettanto acutamente quanto negli U.S.A. anche a causa di un certo tradizionalismo tuttora presente nella nostra scuola, ma soprattutto perché le tecnologie didattiche più avanzate non hanno ancora avuto larga diffusione. Si può tuttavia ragionevolmente prevedere che la scuola italiana, sviluppandosi e ammodernandosi, dovrà rielaborare il proprio sistema di comunicazione delle informazioni, a tutti i livelli e in tutte le direzioni, e che gli studi sugli OC potranno fornire valide indicazioni di metodo. Già ora, comunque, ciascun insegnante, nell'ambito delle proprie classi, può cercare di migliorare le comunicazioni relative alle proprie mete, avvalendosi delle tecniche di formulazione degli OC.

A questo punto, la sola conclusione valida di queste note ci sembra la verifica del raggiungimento degli obiettivi che ci eravamo posti nel redigerle, e che avevamo formulato in termini comportamentistici come segue:

"Rispondendo senza errori a tre quesiti a scelta multipla, con esempi riferiti alla didattica delle lingue-civiltà straniere, il lettore dimostrerà: 1) di saper distinguere un obiettivo da una descrizione di contenuti; 2) di riconoscere un obiettivo formulato in termini espliciti e inequivocabili, distinguendolo da uno redatto in termini vaghi e imprecisi; 3) di attribuire correttamente a tre obiettivi il predominio della sfera affettiva, conoscitiva o psicomotoria".

Invitiamo quindi il lettore a rispondere ai seguenti quesiti e a giudicare se gli obiettivi sono stati raggiunti.

I Quesito.

Quale di questi due enunciati è un obiettivo?

a} "Notizie sulla musica popolare inglese".

b) "Gli studenti canteranno in coro 'London Bridge'".

II Quesito.

Quale dei seguenti obiettivi è redatto in termini chiaramente comportamentistici?

a) "Lo studente ripeterà le frasi dopo l'insegnante".

b) "La classe comprenderà il meccanismo della formazione del plurale dei sostantivi neutri".

c) "Gli studenti conosceranno la vita e l'opera di J. F. Kennedy".

III Quesito.

Per ciascuno dei seguenti obiettivi indicare se esso è di tipo prevalentemente effettivo (A), conoscitivo (C) o psicomotorio (P) contrassegnando la lettera corrispondente alla risposta data:

a) "Lo studente automatizzerà la pronuncia delle vocali nasali" A CP.

b) "Lo studente volgerà un paragrafo dal presente al passato, coniugando i verbi e sostituendo opportunamente i complementi di tempo" A C P.

c) "Gli studenti; useranno spontaneamente la lingua straniera per i saluti all'inizio e al termine della lezione" A C P.

Risposte:

I. b.

II. a (b e c non indicano cosa farà lo studente per dimostrare l'apprendimento).

III. a: P; b: C; c: A.

NOTE

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